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Oli al CBD: tanta scelta, ma poca qualità

By Maggio 16, 2023No Comments
oli cbd

Gli oli al CBD non sono tutti uguali. Non è un’opinione, bensì una verità scientifica verificabile che ha portato noi come Canax a sviluppare i migliori metodi estrattivi per realizzare un prodotto di alta qualità che mantenga a lungo la sua efficacia.

 

In molti Paesi i prodotti a base di CBD, in diversi settori, non sono stati del tutto normati e quindi continuano ad essere relegati in una zona grigia, sfuggendo ai controlli di qualità. Se ad esempio in Europa ci sono regole precise sull’utilizzo del CBD in cosmetica, non accade lo stesso a livello alimentare dove il procedimento per il suo riconoscimento come Novel Food è fermo da mesi con la Commissione Europea che ha chiesto che vengano effettuati studi più approfonditi.

 

Oli al CBD: cresce l’offerta, ma non la qualità

 

Mentre da una parte si assiste alla crescita dell’offerta sul mercato globale in costante espansione, e dall’altra i prezzi del cannabinoide e dei prodotti che lo contengono dopo anni di caduta libera sembrano iniziare a stabilizzarsi, continuano a venire pubblicati studi sui prodotti ad oggi in commercio che evidenziano come nella maggioranza dei casi i valori indicati in etichetta dai produttori non corrispondano poi a quelli reali verificati da apposite analisi.

 

Metalli pesanti nei prodotti al CBD in Usa

 

Secondo un recente studio pubblicato su Science of the Total Environment una parte dei prodotti con CBD in commercio in Usa sarebbe contaminato da metalli pesanti. I ricercatori dell’Università di Miami e quelli di due laboratori di Denver – Ellipse Analytics e Clean Label Project – hanno analizzato un ampio campione e riferiscono di aver trovato piombo, cadmio, arsenico e persino mercurio in proporzioni talvolta elevate in questi prodotti, la maggior parte dei quali deriva da infiorescenze di canapa industriale. La metà dei prodotti testati conteneva anche livelli allarmanti di ftalati, e infine l’etichettatura del contenuto di CBD sembra essere fuorviante in un gran numero di casi.

“La contaminazione a basso livello dei prodotti CBD commestibili con metalli pesanti e ftalati è diffusa”, scrivono nelle conclusioni gli autori dello studio specificando che: “Esiste una sostanziale discrepanza tra le dichiarazioni di potenza del CBD riportate sull’etichetta del prodotto e la quantità misurata sia nei prodotti commestibili che in quelli topici, sottolineando la necessità di una regolamentazione rigorosa dell’integrità delle etichette dei prodotti a base di CBD per proteggere i consumatori”.

 

“Il piombo è stato rilevato nel 42% dei campioni, il cadmio nell’8%, l’arsenico nel 28% e il mercurio nel 37% dei 121 prodotti commestibili con CBD analizzati”, scrivono aggiungendo che: “La percentuale di prodotti commestibili con livelli rilevabili di ftalati variava dal 13% all’80% per i quattro ftalati, con il DEHP che era il più diffuso”.

 

Sui livelli di CBD (con 516 prodotti testati tra topici ed edibili) fanno invece notare che: “il 40% conteneva meno del 90% del CBD indicato sull’etichetta del prodotto; il 18% conteneva più del 110% del CBD indicato sull’etichetta del prodotto; solo il 42% dei prodotti rientrava nel ±10% del CBD dichiarato dal produttore sull’etichetta”.

L’etichetta non corrisponde

 

Anche secondo un altro studio americano – pubblicato su Jama Network Open –  i valori indicati in etichetta non corrispondono spesso al reale contenuto di CBD. In un’analisi di 105 prodotti a base di CBD per uso topico, il 18% era sovra-etichettato (>10% di CBD in meno rispetto a quanto pubblicizzato), il 58% era sotto-etichettato (>10% di CBD in più rispetto a quanto pubblicizzato) e il 24% era accuratamente etichettato per il CBD; il THC è stato rilevato nel 35% dei prodotti (tutti contenevano meno dello 0,3% di THC, il limite legale per la canapa). Tra i 37 prodotti contenenti THC, 4 (11%) erano etichettati come privi di THC, 14 (38%) indicavano di contenere meno dello 0,3% di THC e 19 (51%) non facevano riferimento al THC sull’etichetta.

 

E’ evidente che, in Usa come in Europa, serva una regolamentazione più omogenea pensata per proteggere il consumatore, che deve essere bene informato su cosa si appresta ad assumere.