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Comparazione dei diversi metodi di estrazione, cosa dice la scienza?

By Luglio 27, 2022No Comments

Nel mondo degli estratti di Cannabis esistono diversi metodi di estrazione, ognuno con caratteristiche, vantaggi e svantaggi propri. Ma cosa dice la scienza sulle diverse tecniche utilizzate? La risposta in una nuova review pubblicata dal Multidisciplinary Digital Publishing Institute (MDPI), editore specializzato in riviste scientifiche.

 

Tecniche per l’estrazione di composti bioattivi dalla cannabis terapeutica: lo studio

 

L’industria della Cannabis è in rapida crescita, pertanto, lo sviluppo di prodotti e metodi di estrazione innovativi è diventato un aspetto cruciale nel mondo delle ricerche dedicate alla pianta. Pubblicato a gennaio 2022, lo studio intitolato “A Comprehensive Review on the Techniques for Extraction of Bioactive Compounds from Medicinal Cannabis” è nato proprio con l’obiettivo di analizzare e comparare le diverse tecniche attualmente utilizzate e di guardare verso i prossimi passi da compiere.

 

Questa analisi punta infatti non solo a delineare i principali composti bioattivi nella Cannabis, ma anche e soprattutto a studiare le diverse tecniche per massimizzare l’estrazione delle sostanze fitochimiche, a discutere i fattori critici che influenzano i risultati dell’estrazione, a capire come ridurre efficacemente i costi di estrazione e isolamento fitochimico e a rivedere le attuali tecniche di estrazione. Inoltre, obiettivo finale e rivolto al futuro è proporre considerazioni per un processo di estrazione sempre più sicuro ed efficace, oltre che sostenibile.

 

Per raggiungere lo scopo, i ricercatori hanno analizzato in modo completo la letteratura attualmente disponibile e hanno creato una panoramica dei metodi di estrazione finora implementati per recuperare i composti bioattivi dalla Cannabis terapeutica.

 

Quali sono i fattori che influenzano l’efficienza dell’estrazione

 

Secondo i ricercatori, i fattori che influenzano l’efficienza dell’estrazione sono diversi, ma è importante partire dalle caratteristiche della pianta stessa.

 

“I materiali vegetali svolgono un ruolo importante nell’efficienza di estrazione dei loro composti bioattivi. Ogni materiale vegetale ha matrice, struttura e sostanze fitochimiche specifiche; pertanto, l’estraibilità dei fitochimici varia a seconda del tipo di materiale. Con lo stesso materiale vegetale, parti diverse, come foglie, steli, radici e fiori, hanno una diversa estraibilità dei composti bersaglio”, spiegano i ricercatori. “Inoltre, i materiali vegetali freschi, essiccati o macinati con particelle di piccole dimensioni hanno efficienze di estrazione diverse quando l’estrazione viene eseguita nelle stesse condizioni. Sebbene non siano stati riportati studi specifici per confrontare l’impatto di diverse condizioni di essiccazione e dimensioni delle particelle sui composti bioattivi della cannabis, vale la pena considerare studi futuri per una migliore selezione e preparazione dei materiali di partenza per l’estrazione dei composti bioattivi”.

 

Tra gli altri fattori chiave anche il tipo di solvente utilizzato, il suo pH e il rapporto tra materia prima e solvente. Dallo studio è infatti emerso che, tipicamente, una combinazione di solventi polari e meno polari è più efficace nell’estrazione di sostanze fitochimiche dai materiali vegetali, e che minore è il volume di solventi utilizzati, minore è l’efficienza di estrazione che si può ottenere a causa della saturazione. Inoltre, i ricercatori ritengono che i solventi acidi rompano le pareti cellulari più velocemente, aumentando così l’efficienza di estrazione.

 

Allo stesso modo, anche temperatura e durata dell’estrazione influiscono sull’efficienza di estrazione dei fitochimici dai materiali vegetali: una temperatura più alta con un tempo di estrazione più lungo porta solitamente a una maggiore efficienza di estrazione. Tuttavia, la stabilità dei fitochimici può diminuire quando sono questi esposti a temperature elevate per lungo tempo, in quanto la maggior parte dei fitochimici è sensibile al calore.

 

A queste si aggiungono la pressione e l’agitazione alle quali è sottoposto il composto: gli studi hanno riportato che l’agitazione aumenta significativamente l’efficienza di estrazione dei fitochimici rispetto alla non agitazione e che l’estrazione ad alta pressione migliora l’efficienza di estrazione dei fitochimici; inoltre, pare che maggiore il tempo di estrazione applicato per la stessa quantità di campione, maggiore la quantità di sostanze fitochimiche che può essere estratta.

 

Comparazione dei diversi metodi di estrazione: conclusioni

 

Alla luce di queste considerazioni, emerge l’importanza delle tecniche di estrazione, che possono essere classificate in due gruppi principali: convenzionali e avanzate; tra i metodi più comuni figurano l’estrazione con fluidi pressurizzati, quella in CO2 subcritica, l’estrazione in CO2 supercritica, quella assistita da campo elettrico pulsato non termico, MAE, UAE e l’estrazione assistita da enzimi.

 

“In alcuni casi, le tecniche di estrazione avanzate mostrano una maggiore efficienza rispetto alle tecniche convenzionali, tuttavia, il costo di installazione su scala commerciale è un grosso limite per le tecniche avanzate”, hanno aggiunto i ricercatori, che lamentano inoltre una carenza di letteratura relativa alla Cannabis terapeutica — una problematica che invece non si presenta in relazione alla canapa per uso industriale — e che forse è dovuta alle normative in vigore nei diversi Paesi.

 

“Ulteriori indagini per ottimizzare i fattori elencati in precedenza potrebbero essere vantaggiose per recuperare composti bioattivi sia dalla canapa industriale che dalla Cannabis terapeutica. Poiché l’ottimizzazione di questi fattori può essere molto costosa, dispendiosa in termini di tempo e laboriosa, l’utilizzo di modelli matematici di previsione potrebbe accelerare il processo di ottimizzazione sia per i metodi convenzionali (ad esempio, estrazione Soxhlet, macerazione, idrodistillazione e distillazione a vapore) e tecniche di estrazione avanzate. Inoltre, gli impatti delle variazioni legate alla stagione, alla posizione geografica e al tipo di Cannabis (ceppo, chemiotipi e chemovars) sul recupero di sostanze fitochimiche negli estratti o negli oli di cannabis dovrebbero essere considerati anche durante la progettazione di studi futuri”, hanno concluso i ricercatori.