Skip to main content
Blog

Cannabis: l’impatto dell’estrazione sul profilo chimico degli estratti

By Ottobre 13, 2022No Comments
Cannabis l'impatto dell'estrazione sul profilo chimico degli estratti

Il mondo della Cannabis è un mondo in continua evoluzione, nel quale la ricerca, che spesso fatica a trovare i fondi, non riesce a stare al passo con la diffusione dei prodotti e con le novità in termini di normative a livello globale. Proprio questo squilibrio porta in molti casi a non approfondire aspetti che sarebbero fondamentali per la sicurezza del consumatore, come l’impatto dei metodi di estrazione sul profilo chimico degli estratti. Ma qualcuno sta provando a fare chiarezza.

 

L’impatto di estrazione sul profilo chimico degli estratti di cannabis: lo studio

Ad approfondire il tema è stato un team della Colorado State University in collaborazione con la Charlotte’s Web Inc., azienda specializzata nella produzione di estratti e prodotti derivati dalla Cannabis.

Lo studio, intitolato “The impact of extraction protocol on the chemical profile of cannabis extracts from a single cultivar” e disponibile su Scientific Reports, è stato realizzato sfruttando una combinazione di approcci analitici con il fine di analizzare l’intera composizione chimica di una singola cultivar di Cannabis che è stata trasformata utilizzando protocolli di estrazione precedentemente ottimizzati e utilizzati. Tra questi i solventi a base di alcol, come etanolo (EtOH) e isopropanolo (IPA), più economici ma più rischiosi sia durante la lavorazione che in relazione all’organismo, e l’anidride carbonica supercritica, più sicura ma allo stesso tempo più onerosa; per quest’ultima, in particolare, per l’analisi sono state studiate due varianti (S1 e S2), corrispondenti a diverse impostazioni di pressione durante l’estrazione.

 

I risultati dello studio

Nel corso dello studio, sono stati rilevati e annotati, mediante spettrometria di massa gascromatografica (GC-MS), 41 composti chimici, ai quali si sono aggiunti, attraverso spettrometria di massa tandem cromatografia liquida ultra-prestazioni (UPLC-MS/MS), 15 fitocannabinoidi. Infine, 24 elementi sono stati quantificati mediante spettrometria di massa al plasma accoppiata induttivamente (ICP-MS).

Durante l’analisi dei componenti principali, tra i diversi campioni è emersa una variazione significativa nei profili chimici in base al metodo di estrazione. In particolare, dei 41 composti rilevati, 33 erano significativamente diversi tra almeno 2 degli estratti, con variazioni importanti in termini di acidi grassi a catena lunga, polioli, carboidrati e sesquiterpenoidi, tripenoidi e diterpenoidi.

“I dati rivelano differenze significative che potrebbero comportare variazioni del potenziale terapeutico del prodotto”, hanno spiegato i ricercatori. “Per esempio, il sitosterolo è emerso significativamente più elevato o nelle frazioni S1 e S2 rispetto a IPA ed EtOH. Questo composto ha molteplici benefici per la salute ed è usato come potenziale prevenzione e terapia per il trattamento del cancro e come farmaco anticolesterolemico. Il bisabololo, un composto che ha note proprietà antinfiammatorie e antimicrobiche, è invece comparso in quantità più elevate negli estratti IPA ed EtOH rispetto a S1 e S2. L’acido palmitoleico, un inibitore della carbossilesterasi che ha effetti antinfiammatori, è emerso in quantità maggiori negli estratti IPA, EtOH e S2. Il campesterolo, infine, uno sterolo vegetale che può agire nella prevenzione del cancro, era più presente negli estratti S1 e S2 rispetto a IPA ed EtOH”.

Inoltre, grazie alla spettrometria di massa tandem cromatografia liquida ultra-prestazioni (UPLC-MS/MS), è emerso che 14 dei 15 fitocannabinoidi rilevati erano significativamente diversi in termini di quantità tra gli estratti a seconda del metodo di estrazione.

“In generale, c’è una tendenza a una maggiore abbondanza di fitocannabinoidi (inclusi CBD e Δ9THC) negli estratti EtOH e IPA rispetto alle frazioni di CO2 supercritica (S1 e S2)”, hanno aggiunto i ricercatori. “Una notevole interruzione in questa tendenza è stata osservata per il CBDA, che è stato osservato essere più elevato nell’estratto supercritico di CO2 S1. Questo risultato potrebbe riflettere la decarbossilazione incompleta del CBDA in CBD, che è stata eseguita riscaldando il materiale vegetale essiccato prima dell’estrazione con CO2 supercritica. Ciò è in contrasto con il processo utilizzato durante l’estrazione da EtOH e IPA, in cui la decarbossilazione è stata eseguita nella fase liquida dopo l’estrazione”.

Oltre alle differenze nei fitocannabinoidi principali, sono state osservate differenze significative per diversi fitocannabinoidi minori: il CBC, per esempio, è significativamente più abbondante nelle frazioni IPA ed EtOH rispetto a S1; il CBT, invece, ha dimostrato la variazione maggiore, con una presenza più elevata in EtOH e IPA rispetto a S1 e S2.

Secondo i ricercatori, i risultati di questo studio hanno gettato le basi per la valutazione dell’impatto del metodo di estrazione sulla variazione chimica nei prodotti di consumo a spettro completo e rappresentano quindi un passo importante verso la standardizzazione del settore.